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SOLE INGANNATORE
(UTOMLJENNOE SOLNZE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 11 maggio 1994
 
di Nikita Michalkov, con N. M., Oleg Menchikov, Ingeborga Dapkounaite, Nadia Mikhalkov (Russia, 1993)
La leggerezza, quella dell'essere come quella dell'individuo, è sermpre stata al centro del cinema di Nikita Michalkov: scivolare, con grazia e facilità dal sorriso alle lacrime, dipingere l'incostanza dell'uomo, la relatività sua e del tempo, quella della memoria, delle presunte verità. Il celebre regista russo è ritornato a girare in patria dopo molti anni di assenza, e SOLE INGANNATORE non poteva che inserirsi in quel solco; egualmente, non poteva non essere segnato dall'emozione e dall'urgenza provocate dalla rimpatriata. Il fascino innegabile del film, ed al tempo stesso i suoi limiti, non sono altro che il riflesso dell'itinerario personale dell'autore.

Ed è proprio l'assenza a dettare la vicenda del film. Nel 1937, nel pieno splendore di quell'estate russa che la fotografia di Mikhalkov sa ridarci in modo memorabile, Dimitri (interpretato con sublime ambiguità dal grande Oleg Menchikov) ritorna dieci anni dopo nella dacia della propria infanzia: dove tutto sembra essersi fermato attorno a Maroussia, la giovane che Mitia aveva amato. Ma che, nel frattempo, ha sposato l' eroe della Rivoluzione, l'amico di Stalin: quell'onnipotente Serguei Kotov (che Michalkov interpreta personalmente con l'emozione che gli conosciamo), che vediamo deviare una colonna di carri armati dell'Armata Rossa, per proteggere la pace della sua casa di campagna...

Come tanti eroi del regista, Mitia è leggero e seducente. Il suo arrivo in quell'atmosfera incantata da GIARDINO DEI CILIEGI è un po' come quella di Alain Delon nel GATTOPARDO: l'irruzione della giovinezza, della grazia e dell'energia in un'epoca affascinante ma ormai trascorsa. Ma Mitia si porta appresso un segreto terribile: e l'ombra di Stalin invaderà progressivamente l'armonia checoviana della situazione, la grazia incantata dei sentimenti, l'equilibrio dei personaggi. Come pure quello, fino allora impeccabile della pellicola.

SOLE INGANNATORE ricorda il cinema più grande di Mikhalkov: come in quello di PARTITURA INCOMPIUTA PER PIANO MECCANICO o di OBLOMOV il ricordo, la nostalgia permeano le immagini con una sensibilità che sembra captare i sentimenti più intimi dei personaggi, le vibrazioni più impercettibili dell'atmosfera che li avvolge. Michalkov fa adottare alla propria figlioletta Nadia ("ho voluto fare questo film proprio per non lasciarmi sfuggire la naturalezza di mia figlia, che non rivivrà mai più questi istanti") il punto di vista del film: grazie a questo incontro straordinario è tutto il sentimento di rinvio al passato a trarne una sua forza decuplicata. Un pranzo, un bagno nel fiume seguito da una deliziosa passeggiata in barca con la bambina, una partita al pallone si caricano di un'emozione quasi insostenibile, proprio perché sempre più conscia della minaccia latente. E, come sempre nel cinema di Mikhalkov l'alternanza di lacrime e sorrisi, il sentimento di precarietà tipico di una certa cultura russa conducono alla rottura di tono, alle musiche ed alla danze nelle quali sfocia la fragilità di un equilibrio eternamemnte instabile, poiché basato sulla volubilità del ricordo.

Smascherare la finzione, intervenire sull'artificio: è l'ultimo degli aspetti del cinema di Mikhalkov. Ed è quello che lo tradisce in SOLE INGANNATORE, proprio come quell'immagine (fascinosa, ma pure un tantino ovvia) che da il titolo al film: l'astro infuocato che invade letteralmente gli spazi affettivi del film, bruciando le illusioni, smascherando le apparenze, distruggendo la nostalgica poesia. L'ultima parte di un film troppo lungo sembra allora perdere - proprio assieme alle illusioni dei personaggi - la lucidità del discorso. Che si fa pesante e sottolineato nella sua parabola politica: con un immenso ritratto di Stalin che invade il paesaggio, i toni melodrammatici e spettacolarmemte ridondanti che ai bei tempi il grande Nikita avrebbe evitato.


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